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Il Vuoto in medicina

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Una delle malattie più gravi di cui soffriamo è quella del Pieno. E’ la malattia di chi vive in un continuo rumore mentale, sempre occupato ed inquieto, vivendo del passato o proiettato sul futuro, su ciò che manca, in continuo movimento, pieno di inutili e infondate certezze, di timori formulati in sentenze prima che emozioni.

E’ in questo contesto che si fa sempre più urgente il bisogno di attingere al Vuoto. E’ nel Vuoto che l’anima e i disagi trovano il ristoro e forze nuove. Tutte le tradizioni spirituali parlano dello svuotamento come camino per tornare all’Essenza, al Presente, all’Essenziale, all’Illuminazione, a Dio, a vivere la vita così com'è.
Le persone hanno paura di abbandonare le loro menti perché hanno paura di sprofondare nel vuoto, inteso come non senso, come morte. Tuttavia, il Vuoto non é assenza di pensieri, di rumori, di disagi, di sentimenti comodi o scomodi, di desideri banali o autentici; si tratta invece di collocarsi gradualmente in uno spazio neutro, immacolato, incondizionato, non identificato con nessuna identità egoica, nessuna idea o sentimento, nessun attaccamento o avversione; uno spazio vuoto appunto, silenzioso, adeguato, attraverso il quale si entra in contatto con una specie di sorgente sconosciuta dalla quale tutto prende forma, una sorgente viva, discreta e zampillante che continuamente genera la realtà presente e ci sta facendo continuamente anche a noi.
Proprio in quel silenzio invisibile che ci abita, là dove non ci conosciamo, c’è la nostra essenza e assieme la guarigione da ogni disagio.
“L’intima natura delle cose ama nascondersi” (Eraclito).

Il Vuoto serve a ricordarci che non siamo gli unici protagonisti, che nulla ci appartiene, che c’è qualcosa che ci sta creando e sa sempre cosa fare, quando piangere, quando ridere, quando fare l’amore, quando irritarsi. Sintonizzarsi con il Vuoto significa realizzare ciò che è un bene per noi e per il pianeta. E’ chiaro che non ha modelli, segue un suo stile che si manifesta nel momento presente, nel momento opportuno, quindi non si può manipolare né stereotipare, solo sperimentare e manifestare.
Mentre insistiamo a mettere paletti come “vado bene, non vado bene, é giusto, é sbagliato, ieri ho fatto così, dovevo fare diversamente, e poi ho avuto un’infanzia difficile, lei non mi capisce, é fatta così, è colpa sua, ecc.”; saremo sempre più pieni, pieni di false certezze, però nel fondo pieni di paure! Svuotarsi invece implica la possibilità di entrare nel dubbio, di mettere in discussione ogni schema o convinzione, di aprirsi ed affidarsi progressivamente, di lasciarci fare e ricreare continuamente dagli errori, dal momento che stiamo vivendo, dalle relazioni, dai successi e fallimenti. Questo atteggiamento richiede un continuo ascolto, una continua apertura, uno spazio vuoto appunto, dove la voce della Vita possa risuonare e guidare la nostra vita.
“Non devo salvare il mio matrimonio”, “non devo cambiare vita”, “non devo forzare questa relazione”, ecc., sono alcune delle affermazioni che paradossalmente permettono all’Essere, allo Spirito, a Dio, alla Vita, di compiere i suoi prodigi, di produrre i suoi effetti. Si tratta di arrivare ad arrendersi, a lasciarsi fare, a fidarsi di qualcosa di più grande di noi e che sta anche in noi, si tratta di “fare come se tutto dipendesse da noi, sapendo che tutto dipende dalla Vita”, perché il Vuoto ha più poteri di qualsiasi ragionamento, di qualsiasi farmaco, di ogni sforzo di volontà.

Ogni tanto faremmo bene a chiederci “Quanto «vuoto» c’è stato nella mia giornata?” E’ importante, durante la giornata, anche quando siamo in mezzo agli altri, percepire il nostro lato “vuoto”, che significa essere presenti senza avere niente da dire né a sé né agli altri, ma semplicemente riempire il momento con una Presenza consapevole, silenziosa, discreta e non giudicante. E’ un esercizio che si pratica nella meditazione e che, nella misura in cui si consolida, diventa un abito quotidiano.
Facendo il vuoto nella mia mente, la rendo ricettiva, più spaziosa e capace di ricevere la realtà. Quando il Vuoto diventa il vestito dell’anima, allora mi stupisce un tramonto, percepisco il suono degli uccelli, mi ristora la brezza del vento, vediamo le persone non per come appaiono ma per come sono in realtà, e cresce in noi la saggezza e la compassione.
“Non portarti dietro i tuoi pensieri, la tua conoscenza, non portarti dietro niente di ciò che riempie il secchio, e che non è altro che acqua, perché altrimenti guarderai sempre e solo il riflesso, e nient’altro. Lascia cadere il secchio, cosi che l’acqua sfugga via, e con essa la luna. Solo questo ti permetterà di alzare lo sguardo e vedere la vera luna nel cielo; ma prima devi avere conosciuto il sapore del vuoto, devi lasciar cadere il secchio della tua mente, dei tuoi pensieri: non più acqua, né luna. Il vuoto nelle mani” (Jung - Libro Rosso)

Se per esempio si accoglie il vuoto che gli abbandoni o le frustrazioni ci portano, quegli addii diventano fonti di progresso, di rinascita, di nuove occasioni di vita. Se invece resistiamo, se rimpiangiamo, se tratteniamo, allora ci tormenteremo per anni. Si, bisogna toccare il fondo per ritornare a vivere!
Il vuoto quindi non è assenza, ma diventa gestazione, é il tempo dell’attesa e dell’elaborazione interiore, é il tempo necessario, naturale per poter intravedere nuove opportunità, per ricreare una nuova coscienza. “Le tue sensazioni di mancanza possono trasformarsi in sensazioni di ‘disponibilità’ se dentro di te crei uno spazio vuoto per accogliere ciò che desideri” (R. Schache).
Il Vuoto è il substrato di tutto ciò che è, come affermano anche le ultime scoperte scientifiche della fisica.

Quando entriamo nella solitudine e tutto lo spazio intorno è diventato freddo e infinito, ci siamo allontanati dagli uomini e al tempo stesso siamo giunti a loro vicino come mai era capitato. Questo lo si può soltanto sperimentare più che spiegare. Lo esprime molto bene Isabel Allende nel suo libro Paula: “Sentii che mi stavo immergendo in quell’acqua fresca e seppi che il viaggio attraverso il dolore finiva in un vuoto assoluto. Sciogliendomi ebbi la rivelazione che quel vuoto è pieno di tutto ciò che contiene l’universo. È nulla e tutto nello stesso tempo. Luce sacramentale e oscurità insondabile. Sono il vuoto, sono tutto ciò che esiste, sono in ogni foglia del bosco, in ogni goccia di rugiada, in ogni particella di cenere che l’acqua trascina via, sono Paula e sono anche me stessa, sono nulla e tutto il resto in questa vita e in altre vite, immortale”.


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